Sia chiaro che io sto parlando a te, tu che stai a Ospedaletto in
provincia di Treviso, e che sei appena stato al bar a discutere con un
amico sul piano di mobilità presentato ieri nell’azienda dove lavori,
gran brutto clima, hai detto. Mi spiace per gli altri lettori, sta roba
non è per loro. E sto parlando a te, che abiti a Lodi e hai passato il
pomeriggio all’agenzia interinale a litigare con quella sciapa impiegata
sul tuo curriculum di lavoro, poi dal padrone di casa a chiedere 15
giorni di pazienza per l’affitto. Tu, se accendi il pc, lo fai al
massimo per un quarto d’ora dopo le dieci di sera ad ascoltare Ligabue o
un video di Madonna, e Paolo Barnard… ma chi è?... Belpietro?
Minzolini? Booo… E sono qui a scrivere per te, sì proprio tu che hai
finito il turno a Mirafiori, nella bolgia della Newco di Marchionne e
stasera ti ronza la testa. Per forza, per ogni parola che ti dicono te
ne nascondono cinquecento. Parlo anche a voi due, che stavate a 1.400
euro al mese al commerciale e al magazzino in un’azienda di Fossatone di
Budrio, ora siete a casa dai genitori di lui col bambino; e sua madre,
vecchia santa, vi passa la sua invalidità, Dio grazie che c’è quella.
Non che disdegni gli altri lettori, ma chi non è voi queste righe non le
‘sente’, non le ‘sentono’ quelli del web dell’informazione, quelli
ancora all’università, quelli che la crisi la leggono sui giornali. Voi
invece sì che la toccate, siete cinque, moltiplicati per un milione, per
due, per tre, e per molto di più se si valicano in confini dell’Italia.
Voi che da qualche parte vi siete chiesti “ma cosa succede? com’è possibile che siamo conciati così?”.Ho
risposto a quelle domande con una panoramica completa sulle origini di
questa crisi di lacrime e sangue del tutto preordinata, goduta oggi da
chi vi lucra sopra, e vi ho avvisati: “E’ in atto il più feroce assalto ai redditi da lavoro della Storia moderna”.
Ma ora è bene che aggiunga a quelle pagine il dettaglio concreto di
come vi hanno portato dove siete ora, e cioè in un bar con l’ansia che
ti fa lasciar lì il ‘bianchetto’ prima di cena; davanti al portone del
padrone di casa odiando ogni minuto; ad ascoltare i proclami della FIOM
con un che dentro che ti dice “ma daiii… tanto abbiamo perso”; o a
vergognarvi di spendere i 500 euro di pensione di una nonna, ma dovete.
Cioè come in pratica è accaduto parecchio tempo fa che un’epoca dove
ogni aspetto dell’economia sembrava promettere un futuro migliore del
giorno precedente, si è trasformata in un incubo allucinante dove
ridendo e scherzando il valore del reddito e del lavoro stesso si è
sbriciolato sotto i nostri occhi, portandosi dietro il valore stesso
della democrazia, perché milioni di ricattati economicamente sono
cittadini schiavi. Sotto gli occhi increduli dell’operaio che assieme
alla moglie sarta riuscirono fra gli anni ’70 e gli anni ’80 a comprarsi
due case, modeste ma case nondimeno, e gli occhi cinici delle loro due
figlie che, pur impiegate e sposate, nel 2010 non arrivano neppure a
scherzarci sull’idea di fare un mutuo.
Prima di leggere oltre, vi avviso che il racconto vi porterà
apparentemente lontano dalla vostra quotidianità di italiani/e, magari
vi sembrerà di perdere la bussola in cose astruse e aliene. Ma abbiate
fiducia che invece tutta la storia vi riporterà precisamente a voi oggi,
alla vostra azienda in crisi qui, al vostro stipendio o cassa
integrazione, al vostro dilemma se chiedere un prestito per pagare gli
affitti, al (non) futuro dei vostri figli nel mondo del lavoro. Guardate,
è inutile credere di poter capire cosa vi è accaduto e cosa accade
all’Italia dei redditi oggi senza sapere ciò che andrò a raccontare.
Quello che è successo inizia così: vi ricordate il giorno, diversi anni
fa, in cui per la prima volta comparvero in giro dei giovani con la
cravatta dal nodo sempre ipertrofico, le scarpe sempre iperlucide, i
capelli impataccati di grasso, e che si chiamavano promotori finanziari?
Il loro mestiere era di dire a milioni di risparmiatori che i loro
soldini potevano fruttare molto di più se investiti in una sorta di
contratto dal nome solitamente celestiale, tipo ‘Bluvita’, o ‘Serenity 2000’,
dietro i quali si celavano non meglio precisati investimenti. E voi lo
avete fatto, e con voi un oceano di altri. E cosa significava?
Semplicemente che era nata l’epoca, siamo ai primi anni ’80, in cui
l’economia del mondo ricco stava smettendo di scommettere sulla
produzione di beni e servizi concreti (ciò che ha fatto per secoli), e
iniziava a capire che giocando con il denaro e con i suoi multipli, con
le percentuali sulle percentuali, con aritmetiche astruse di numeri e
scommesse sui numeri, si potevano fare molti più soldi. Nasceva la
finanziarizzazione della ricchezza su scala massiccia, nasceva, nelle
parole del grande economista Hyman Minsky, il “money manager capitalism”,
cioè il capitalismo dei gestori dei soldi, che soppiantava quello dei
produttori di cose e di servizi. In parole grezze, investire e giocare
con equities, stock options, shares, futures, swaps erano cose da fighi
che fanno grana a pacchi e subito; produrre case, legna, macchine,
scarpe, aprire negozi… sì, fate pure, ma roba da sfigati.
Negli USA e in Europa, sia i lavoratori che le aziende scommisero sui
rendimenti dei fondi pensione privati (da noi, anche se con anni di
ritardo, si disse: scegliete dove mettere il TFR), e questo significò
che una montagna di denaro incredibile finì nelle casse di questi mostri
finanziari, i Pension Funds, e nelle mani dei loro managers, cioè
sempre i misteriosi investimenti. Nacque il fratello del “money manager capitalism”, e cioè il “pension funds capitalism”
come lo ha definito nel 2000 l’economista italiano Riccardo Bellofiore.
Ma attenzione a questo passaggio, che Bellofiore e il suo collega
Joseph Halevi descrivono con efficacia: “Il piazzamento di queste
somme in azioni e in titoli finanziari di vario tipo, creò un legame
d’interessi fra i manager delle istituzioni finanziarie e quelli delle
aziende, i quali vennero cooptati direttamente nelle strategie dei
primi. Di fatto l’ipertrofismo dei Pension Funds creò una situazione
dove poche istituzioni finanziarie, assieme alle agenzie di rating,
finirono per controllare un intero sistema di aziende… con ripercussioni
profonde sul mondo del lavoro”.
In altre parole: dai primi anni ’80 masse crescenti di piccoli
risparmiatori e di aziende si gettano a investire denaro in questi
prodotti finanziari che promettevano ottime rendite. E quando una cosa
attira denaro, ne attira sempre di più, e se ne attira sempre di più
rende sempre di più, e se rende sempre di più tutti corrono a mungere la
vacca grassa e la vacca grassa diventa un mostro fuori controllo. Cioè,
questi prodotti finanziari passarono dall’essere giustamente
apprezzati, all’essere apprezzati fuori di testa e a rendere da fuori di
testa. Con queste parole ho appena descritto il fenomeno del asset price inflation,
che sta alla base della più grave catastrofe finanziaria dal 1929 a
oggi, quella che sta distruggendo il tuo lavoro e quello dei tuoi figli.
Infatti la convergenza degli interessi degli speculatori
(assicurazioni, finanziarie, hedge funds, pension funds ecc.) e dei
manager aziendali verso nuove forme di guadagno speculativo, lasciarono
il settore produttivo reale (quello dove lavori tu) abbandonato a se
stesso, mentre a frotte ci si gettava nell’economia “del denaro con i
suoi multipli, delle percentuali sulle percentuali, delle aritmetiche
astruse di numeri e scommesse sui numeri”, che gonfiavano le economie di interi Paesi fuori da ogni reale ricchezza prodotta.
Nell’euforia, ci si buttò poi nella speculazione immobiliare, cioè
milioni di risparmiatori si gettarono a comprar case che ovviamente più
venivano comprate e più salivano di prezzo, e più salivano di prezzo più
venivano richieste perché si sapeva che rivendendole poco dopo ci si
scremava su un bel gruzzolo. Spiego: il signor A faceva il suo bel mutuo
e comprava casa oggi primo Maggio per 100 denari, e siccome tutti
compravano case come dannati, la sua casa il primo settembre già valeva
102 denari. Così A la vendeva, ci scremava 2 di guadagno, ripagava il
primo mutuo, e ne faceva subito un altro e ricominciava il giochetto.
Oppure, addirittura A rifinanziava il primo mutuo e ci comprava una
seconda casa che rivendeva… ecc ecc.. Mutui su mutui a go-go,
specialmente in Irlanda, Spagna e Stati Uniti, ma anche in Gran Bretagna
e Francia. Negli USA poi la cosa divenne pazzesca, perché nella
frenesia speculativa furono offerti mutui a qualunque Tizio Caio
Sempronio squattrinato, perché si presupponeva che col meccanismo dei
100 denari che diventano 102 in un attimo e via andando, anche costoro
potessero poi onorare i debiti; sto parlando dei famigerati mutui subprime americani (in realtà la cosa è molto più criminosa di così, ma non posso dilungarmi ora).
Quindi abbiamo: denari infiniti che se ne vanno dagli investimenti
produttivi verso avventure finanziarie folli – Stati che registrano
ricchezze così prodotte che sono tutte teoriche, cioè bolle speculative
che non sono affatto sostenute da ricchezza reale di produzione –
milioni di individui sempre più impegnati economicamente verso questi
prodotti finanziari e speculazioni immobiliari – masse di lavoratori i
cui fondi pensione sono stati investiti in questo bailamme di pazzi
scommettitori in finanza – manager di aziende a centinaia di migliaia
che trascurano gli investimenti produttivi per far giochetti a braccetto
con gli speculatori professionisti, sapendo che in tal modo
incasseranno quattrini facili. Abbiamo cioè
UNA BOLLA DI RICCHEZZA FASULLA DI PROPORZIONI IMMENSE IN TUTTO L’OCCIDENTE.
Cui si aggiunge, come già descritto ne Il Più Grande Crimine, un disegno
ideologico dominante (Neoliberismo) che aveva paralizzato gli Stati
togliendogli ogni possibilità di spendere a deficit per creare ricchezza
nei cittadini. Inoltre, lo strapotere in Europa di Germania e Francia
stava imponendo a tutti, sempre dai primi anni ’80, politiche disastrose
per il mondo del lavoro. Si tratta del cosiddetto Neomercantilismo
franco-tedesco, cioè una politica delle loro industrie maggiori (ma
anche medie) di abbattere impietosamente i salari per poter primeggiare
nell’export. Ma perché tagliare proprio i salari? Si deve comprendere
che uno degli strumenti principali per uno Stato che desideri aumentare
le esportazioni è la svalutazione competitiva della propria moneta (competitive devaluations).
L’Italia in questo era regina: svalutavamo la lira nei confronti del
marco tedesco, ed ecco che le nostre aziende si beccavano più commesse
dall’estero di quelle teutoniche perché a parità di prodotto la nostra
lira costava di meno del marco. La Germania corse ai ripari e impose già
nel 1979 il sistema monetario europeo (SME), che di fatto incatenava le
monete degli Stati aderenti a cambi fissi, per cui nessuno poteva più
svalutare a piacimento. Scrivono Bellofiore e Halevi: “… e naturalmente le esportazioni dell’Italia iniziarono a crollare”. Poi,
come sappiamo, sempre la Germania è stata la grande sponsor, assieme
alla solita Francia, della moneta unica, l’euro, che ancor di più rende
impossibili le svalutazioni competitive perché l’euro letteralmente non è
di nessuno Stato, nessuno Stato lo può maneggiare a piacimento. Ma se
uno Stato non può più svalutare la moneta, cosa può fare allora per
essere competitivo sui mercati? Indovinate: svalutare i salari, così da
rendere i suoi prodotti più a buon mercato, non c’è altra via (wage
deflation). E infatti, scrivono i precedenti autori, “la forza
strutturale dell’Italia (le svalutazioni competitive) svanì, e la
svalutazione dei salari è richiesta ancor più che in Germania”.
Quest’ultima, contrariamente a quanto si crede, continua a primeggiare
nell’export solo grazie appunto a politiche crudeli sulle buste paga:
sappiate che dall’introduzione dell’euro la Germania ha imposto ai suoi
lavoratori una produttività (cioè sgobbare) del 35% superiore a quella
degli altri Stati dell’Eurozona, con stipendi che crescevano della metà
di quelli degli altri Stati.
E dunque se i salari vanno tagliati, e lo Stato non può intervenire
spendendo a deficit per compensare le perdite di ricchezza dei
lavoratori, abbiamo
INTERE FORZE LAVORO NAZIONALI STRUTTURALMENTE E PERICOLOSAMENTE INDEBOLITE.
Siamo alla fine degli anni ’90, inizio del terzo millennio, e noi
europei siamo nelle due perigliose condizioni di cui sopra. A questo
punto accadono due cose altrettanto sciagurate: la prima è il disastro
Clinton-Wall Street, e la seconda è il disastro banche-aziende (o
aziende-banche) in Europa.
Bill Clinton domina la politica USA per quasi tutti gli anni novanta. E
cosa fa? Decide (gli viene fatto decidere) di pareggiare il bilancio
dello Stato, cioè spendere tanto quanto tassa, conti pari. Secondo il
comprovato principio di economia (Keynes, Samuelson, Minsky, Wray et al.
ne Il Più Grande Crimine) per cui la spesa a deficit dello Stato con
moneta sovrana è, al contrario di quanto si crede, la ricchezza dei
cittadini, quando Clinton smise di spendere a deficit gli americani si
impoverirono. Ma gli americani non rinunciano al loro stile di vita, e
quindi dalla metà degli anni ’90 per poter spendere si affidarono in
massa alle loro carte di credito, ai prestiti, a scommesse finanziare
azzardatissime e a quei mutui scellerati di cui parlavo sopra. In altre
parole, l’economia più potente del mondo si gonfiò come un pallone
mostruoso di debiti e di speculazioni finanziarie per cifre
inimmaginabili. Ma se da una parte milioni di persone scommettono e
impegnano denaro (che non hanno), significa che dall’altra qualcuno crea
quelle scommesse e accetta quegli impegni, cioè prodotti finanziari di
ogni sorta e tipo, a milioni appunto. E cosa successe? Successe che i
furboni di Wall Street che creavano tutti quei prodotti e che
prendevano tutti quegli impegni, decisero che potevano re-impacchettare
tutta quella roba e rivenderla a tutto il mondo, e peggio, la
re-re-impacchettarono, e peggio, la suddivisero in sub-pacchetti di
pacchetti, re-re-resuddivisi in altri pacchetti con nomi esotici…
insomma, un caos di roba ‘tossica’ (toxic assets) che approdava qui da
noi come prodotti d’investimento che sia le nostre banche, sia i nostri
Comuni, sia noi europei abbiano comprato convinti di profittare in modo
succulento. Questi investimenti sciagurati, si andarono ad aggiungere a
quelli che già avevano formato, come scritto all’inizio, la bolla di
ricchezza fasulla del “money manager capitalism”, e del “pension funds capitalism”.
A questo punto siamo in Europa, sempre in questi anni cruciali che sono
le due decadi 1990-2010. Di fatto accade una cosa grave: calano
vistosamente, nel tempo, i prestiti delle banche alle aziende. Questo
porta a reazioni da parte delle banche e delle aziende che sono
prevedibili: entrambe, per racimolare denaro, si gettano ancor più nelle
speculazioni finanziarie di cui abbiamo trattato finora. Le aziende lo
fecero per motivi ovvi, appunto trovare denaro che non gli veniva più
dalle banche, ma soprattutto lucrare soldi facili per i managers e non
per i lavoratori; le banche lo fecero perché per esse i prestiti alle
aziende sono un attivo, cioè il loro guadagno, e dunque se non
prestavano più tanto alle aziende dovevano prestare a chi faceva giochi
finanziari o a chi s’indebitava con il credito al consumo. Ma
attenzione, avrete notato che in entrambi i casi il risultato è lo
stesso: di fatto meno soldi agli investimenti di produzione, cioè
all’economia vera. Questo è cruciale.
Si badi a una cosa: se gli Stati con moneta sovrana avessero (fino
all’arrivo dell’euro) svolto la loro funzione di creatori di ricchezza
per il settore privato spendendo a deficit quanto necessario - cioè
comprando cose, finanziando progetti, e quindi accreditando i c/c di
aziende e di lavoratori italiani – forse le aziende non sarebbero così
dipese dalle banche e le banche dalle aziende, ed entrambe dalle
speculazioni in finanza. Ma in Europa, scrive l’economista Alain
Parguez, “Francia e Germania decisero di imporre a tutti i governi un crollo di spesa pubblica permanente (fiscal deflation) per deprimere i consumi e da ciò ottenere alta disoccupazione per infine deprimere i salari”.
Ne ho scritto poco più sopra, siamo sempre al Neomercantilismo
franco-tedesco, cioè la politica delle loro industrie maggiori di
abbattere i salari per poter primeggiare nell’export.
Quindi in queste acque agitate, il salvataggio della spesa dello Stato
non esisteva più, e di fatto la tendenza alla finanziarizzazione sia di
banche che di aziende non fece altro che esacerbare ulteriormente due
dei fenomeni disastrosi che ci hanno rovinati: la corsa a ingigantire
sempre più la colossale bolla speculativa di denaro-aria fritta sparsa
per il mondo - e la sottrazione degli investimenti, che i manager e le
banche destinavano ai giochetti col denaro invece che a creare
occupazione.
Ok, stop e ricapitolo, abbiamo:
DAL 1980 NASCE IL CAPITALISMO DEI GESTORI DEI SOLDI, CHE PENALIZZA LA
CREAZIONE DI RICCHEZZA CONCRETA, E CREA UNA BOLLA DI RICCHEZZA FASULLA
DI PROPORZIONI IMMENSE IN TUTTO L’OCCIDENTE.
IL NEOMERCANTILISMO IMPOSTO DA FRANCIA E GERMANIA DOMINA L’EUROPA,
CIOE’: DEPRIMERE I SALARI PER ESPORTARE E LEGARE LE MANI AGLI STATI CHE
NON POSSONO PIU’ SOCCORRERE I CITTADINI CON LA CREAZIONE DI RICCHEZZA
PUBBLICA. NE CONSEGUONO INTERE FORZE LAVORO NAZIONALI PERICOLOSAMENTE
INDEBOLITE.
IL PIU’ GRANDE MOTORE ECONOMICO DEL PIANETA (USA) SI REGGE SU UN OCEANO
DI DEBITI PRIVATI INSTABILI E SCOMMMESSE FINANZIARIE/TRUFFA, CHE HA
SPARSO IN TUTTO IL MONDO E CHE SI AGGIUNGONO ALLA BOLLA SPECULATIVA
EUROPEA.
IN EUROPA LE BANCHE E LE AZIENDE SPEZZANO IL CIRCOLO VIRTUOSO DEL DENARO
PRESTATO PER LA PRODUTTIVITA’ E GIOCANO IN FINANZA SPECULATIVA, CHI CI
RIMETTE E’ L’IMPIEGO.
E quando l’economia di tutto il mondo che conta si regge su bolle di
denaro aria fritta, mentre i lavoratori perdono sempre più redditi e
occupazione, basta un cerino per far saltare in aria il pianeta. E
puntualmente è accaduto. Tutto parte dagli USA e arriva come uno Tsunami
abominevole a Ospedaletto di Treviso, a Lodi, a Fossatone di Budrio, a
Mirafiori, sul tuo posto di lavoro e sul futuro dell’occupazione di
tutti, ma soprattutto sulla stessa democrazia, dove masse enormi non
hanno più voce in capitolo perché troppo oppresse dalla precarietà
economica, e devono letteralmente sopravvivere senza più un’oncia di
energia per partecipare alla vita pubblica.
Ecco la sequenza del crollo: verso il 2004 i prezzi delle case negli
Stati Uniti iniziano a scendere, anche perché nell’euforia della bolla
speculativa immobiliare i palazzinari ne avevano costruite troppe, che
rimanevano invendute. Infine, i prezzi delle materie prime (legno,
minerali, cotone, cereali…) iniziarono a salire fuori dal controllo
americano, rendendo ancor più costosa la vita dei cittadini USA e ancor
più pesante il loro ricorso al debito. Cosa era accaduto? Che Cina e
India promettevano crescite economiche favolose, e quindi i mercati si
aspettavano che i due giganti asiatici avrebbero richiesto molte materie
prime; l’aspettativa crea speculazione, e la speculazione fa schizzare
in alto i prezzi di quelle materie. E cosa fece il governo USA per
rimediare? La solita cosa: tagliò gli stipendi, perché con paghe meno
grosse la gente spende di meno, quindi circola meno denaro e quindi c’è
meno inflazione. Cioè: bilanciare l’inflazione dei prezzi generata
dall’aumento delle materie prime, abbattendo l’inflazione generata dallo
spendere gli stipendi (Bellofiore, Halevi 2010). Il cerino era stato
acceso nella stanza piena di gas… Booooommmm! L’effetto domino partì con
una violenza inaudita:
- crollo del valore degli immobili USA
- crollo della scommessa di milioni di americani che speravano con
quei valori di pagare i loro debiti , e infatti smettono di ripagare i
mutui
- crollo dei libri contabili delle banche e di chiunque aveva fatto mutui facili (circa 65 milioni di essi)
- crollo degli stipendi, crollo della domanda interna USA e quindi licenziamenti nelle aziende
- panico da “Oddio! Qui andiamo tutti sotto!” e la scoperta
che nell’euforia dei giochetti col denaro alcuni immensi istituti
finanziari americani avevano fatto cose turche, peggio, infernali, al
punto che il quotatissimo economista Nouriel Roubini dichiarò a New York
che “in sostanza l’intero sistema bancario americano è fallito”.
Come già detto, l’Europa è a questo punto (primi anni 2000) legata a
doppio filo agli USA, soprattutto per due motivi: primo, abbiamo anche
noi comprato masse di prodotti finanziari ‘tossici’ americani che
infettano i bilanci delle nostre banche, di privati, di aziende e di
Comuni; e secondo, a causa della compressione della ricchezza pubblica
(e anche privata) voluta da Francia e Germania, il Vecchio Continente
conta molto sulla spesa degli statunitensi per incassare denaro. Terzo
elemento, e sempre a causa delle politiche franco-germaniche e
dell’ideologia economica neoliberale, l’Europa si trova insaccata nel
pantano di economie stagnanti da anni, con alta disoccupazione, alto
precariato, stipendi depressi, Stati disattivati. E dunque quando
l’ondata della crisi americana si abbatté qui, ci fece a pezzi.
Bellofiore: “L’Eurozona era impantanata in una depressione
competitiva dei salari e in budget di Stato assai avari. La ricchezza
interna era debole, contavamo sull’export. Non ci volle molto a capire
che il contagio americano sarebbe diventato europeo… l’infezione
attecchì partendo dalla crisi dei mutui inglesi, poi dal crollo della
bolla immobiliare spagnola… ci prendevamo sberle finanziarie
dall’America bloccati nella nostra gabbia neomercantile, senza una via
di fuga”.
Di colpo i mercati, gli onnipotenti mercati, si svegliano di fronte
all’incubo che trent’anni di capitalismo dei gestori dei soldi non valga
più nulla, che tutta quella carta firmata, quei gochetti con “denaro e coi suoi multipli, con le percentuali sulle percentuali, con aritmetiche astruse di numeri e scommesse sui numeri”
sia un immenso buco nero nei bilanci delle banche e di chiunque li
abbia voluti. Poi l’incubo diventa verità, le cose stanno proprio così,
la bolla è scoppiata e dentro c’era solo aria fritta. A questo punto il
Vero Potere fa la solita cosa: si appella al consolidato principio per
cui i profitti sono i suoi, ma le perdite sono degli Stati, e batte
cassa alla Casa Bianca, all’Eliseo, a Downing Street, a Palazzo Chigi…
Gli Stati europei e l’America sborsano per salvare le voragini delle
grandi banche criminali, quelle dei giochi infernali di cui sopra,
qualcosa come 12 mila miliardi di dollari, ma nessuno sa veramente
quanto è stato speso. L’Italia ne sborsa 52, di miliardi in euro, ma
anche qui non sappiamo la verità, e vede sparire dalla sua ricchezza
nazionale 457 miliardi di euro dal 2007 al 2009 (prendi nota tu che
lavori a Pomegliano per 1050 euro al mese, e ti dicono pure che c’è la
crisi dell’auto).
Dunque:
IL MOTORE DELL’AMERICA SI PIANTA E SMETTE DI CREARCI RICCHEZZA
L’EUROPA SCOPRE DI AVERE BUCHI FINANZIARI VISIBILI DALLO SPAZIO, LE SUE
BANCHE PEGGIO. INDEBOLITA DAL NEOMERCANTILISMO, ESSA NON PUO’ REAGIRE
PARTE LA CRISI ECONOMICA IN CODA ALLA CRISI FINANZIARIA DELL’IMMENSA
BOLLA ESPLOSA. MILIARDI DI DOLLARI O EURO VANNO A SALVARE LE GRANDI
BANCHE E NON I LAVORATORI.
Eccoci a casa nostra, già da anni indeboliti, senza più uno Stato in
grado di spendere per salvarci come fece il presidente americano
Roosevelt dopo la crisi del 1929 coi suoi cittadini, ed eccoci ad
affrontare un futuro nero, dove redditi e lavoro sono già merce
deprezzata che dobbiamo dirci stracontenti se ce la offrono o comprano a
prezzi da straccioni.
E tutto questo accade mentre un’altra cosa accade.
Accade che i medesimi mercati si rendono anche conto che l’Europa
dell’euro, cioè i sedici Paesi truffati nell’adesione a questa moneta
assurda, ha governi che non possono più usare una moneta sovrana per
salvarsi dai crolli di ricchezza che la crisi gli sta infliggendo (i
dettagli ne Il Più Grande Crimine). Nuovo panico, perché si sparge la
voce che per quel motivo i titoli di Stato emessi dai Paesi euro più
deboli sono a rischio di non essere mai più rimborsati. Chiunque li
possiede trema, soprattutto le banche tedesche e francesi, ma anche una
miriade di altri investitori. Gli occhi severi dei tecnocrati europei
come Draghi, Trichet, Rehn, Von Rompuy e degli speculatori
internazionali sono puntati su Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna e
Italia, e viene loro detto che per riguadagnare la credibilità come
debitori devono risanare i famosi conti. Significa ridurre il deficit di
bilancio, il debito pubblico, e l’inflazione, attraverso misure di
austerità economica. Sapete che significa in realtà? Tagli, tagli,
tagli, tagli a tutto ciò che invece in un’economia sana, in un mondo
sano, crea sana ricchezza per i cittadini. Tagli ai salari pubblici (ma
anche privati), alla scuola e università, alle infrastrutture, alla
sanità, agli investimenti pubblici di ogni sorta, ai programmi di piena
occupazione, a tutto lo Stato sociale. E ci risiamo: Neomercantilismo
per milioni di lavoratori i cui stipendi saranno depressi, e se i loro
redditi sono depressi, costoro non potranno spendere, per cui saranno
depressi anche i commerci, e con essi le attività produttive che li
alimentano, e con esse le aziende di quelle attività, che licenzieranno
e/o cassa integrazione e/o mobilità, in un nuovo girone di deflazione
della ricchezza che porta sempre più licenziamenti e disoccupazione, che
porta sempre più precarietà, che porta sempre meno diritti che portano a
sempre meno democrazia… e che faranno la fortuna del Vero Potere nelle
modalità spiegate alla fine del mio saggio Il Più Grande Crimine. E che
ci riportano a voi, in quel bar di Ospedaletto, sotto quella casa di
Lodi, a sopravvivere coi soldi di un’invalida a Fossatone di Budrio, a
sentire la testa che ti scoppia a Mirafiori.
Questo vi hanno fatto ed è per questo che siete lì in quelle condizioni.
Lasciate perdere le cretinate di facciata che vi raccontano i giornali,
Tremonti, o i vostri sindacalisti. Non ci sarà ripresa, nessun Paese da
solo farà il trucchetto della ripresa, anzi, sarà sempre peggio.
Perché? Perché tutte le strutture sciagurate che vi hanno rovinato in 50
anni – il Neoliberismo; il divieto ai governi di spendere a deficit con
moneta sovrana per avere piena occupazione; il primato dell’economia
speculativa su quella che produce cose vere; l’impunità delle grandi
banche; e soprattutto il Neomercantilismo con la sua depressione dei
salari e le aziende che non investono in lavoro – sono tutte lì intatte,
pronte a divorarti la vita ancora.
Di voi cinque, lascio in pace la ragazza di Lodi e i due sposini di
Fossatone di Budrio, perché obiettivamente siete troppo sott’acqua per
aver la forza di fare qualsiasi cosa. Ma tu che sei in azienda a
Ospedaletto e tu di Mirafiori, voi ancora avete il potenziale di
smuovere le cose fra i lavoratori. Dovete prima di tutto:
DIVULGARE COSA REALMENTE E’ SUCCESSO, AIUTARE I LAVORATORI A SMETTERE DI FISSARSI SU MICRO REALTA’ NAZIONALI DI POCA IMPORTANZA
SFIDARE I SINDACATI AD AGGIORNARSI, A CAPIRE CHE SONO SCONFITTI E A RIPENSARE TUTTA LA STRATEGIA
CONCENTRARVI SUI MALI STRUTTURALI, SUI MACRO PROBLEMI E SUI GRANDI
MANOVRATORI INTERNAZIONALI, PERCHE’ SONO QUELLI CHE VI STANNO DIVORANDO
LA VITA (leggere Il Più Grande Crimine)
Prima cosa fate questo, poi per le soluzioni apriamo un altro capitolo. Ci sono.