L’EURO DEMOLISCE
PONTI E STRADE (con o senza i Benetton). POVERA G…
Era esattamente un anno fa, l’agosto del 2017, e un
prestigioso editorialista denunciava chiaro che “ponti e strade si stanno sbriciolando mentre le amministrazioni usano i
fondi destinati alla manutenzione per, invece, tagliare i deficit”. Bruxelles
richiedeva, insaziabile, di pareggiare i bilanci anche a livello locale.
Un ingegnere intervistato dal grande quotidiano addirittura
tuonava: “Questa è una sirena d’allarme per
l’intero Paese”, e il cronista aggiungeva “ed è anche un monumento alla crisi delle sue infrastrutture”.
Sì, esatto, si parlava proprio di G….......... no, non di Genova, di Germania, dove “una vastità
di strade, ponti e palazzi pubblici sono in uno stato di degrado scioccante”. La parola usata fu "scioccante".
E che non ci siano
equivoci in partenza. Il più prestigioso istituto di studi economici
tedesco, il Deutsches Institut für
Wirtschaftsforschung di Berlino, lo scrive nero su
bianco: la Germania ha voluto l’euro per arricchire smisuratamente le
sue elite, lasciando però nel degrado vaste porzioni del Paese. Fra cui proprio
le infrastrutture ‘corrose’ dai tagli ai budget nazionali e locali. Lascia
increduli leggere fra le pagine dell’istituto che “la Germania non solo vede un terribile abbandono delle infrastrutture dei
trasporti e di quelle pubbliche, ma anche in quelle scolastiche”.
E, di novo, che non ci
siano equivoci sul fatto che sono le regole dell’Eurozona a
imporre i tagli più sciagurati alle infrastrutture tedesche. Sempre dagli studi
del Deutsches
Institut für Wirtschaftsforschung di
Berlino: “Il governo di Angela Merkel ha imposto nel 2007 il Pareggio di Bilancio per legge a tutte
le amministrazioni pubbliche statali e municipali. Esse non possono più
spendere a deficit in nessun caso… Ma questo è stato fatto ignorando totalmente
la salute economica delle comunità tedesche, che devono obbedire a questa regola
severissima anche se prive di mezzi, o addirittura in crisi nera”. E
infatti il prestigioso quotidiano di cui all’inizio, che è il Financial Times,
titolava così il pezzo: “Sempre più
crepe nelle infrastrutture affamate di fondi in Germania”.
Pausa. Prima di continuare è doveroso però dar conto di una
differenza fondamentale e, dopo il Morandi, da far accapponare la pelle, fra
Berlino e Roma. Cioè: abbiamo detto che anche da loro le regole di Bruxelles
stanno sbriciolando ponti, strade e muri, ma almeno da loro si agisce in tempo
per la pubblica sicurezza. Il grande ponte di Leverkusen sul Reno, in uno
dei centri industriali più produttivi della Germania, iniziò a mostrare crepe
nel 2012 sotto il peso di un flusso enorme di Tir, 14.000 al giorno. Fu chiuso all’istante al traffico dei camion senza
riguardo per il caos industriale che la disposizione causò. Riaprirà nel 2020.
Lo stesso per un altro ponte enorme, sempre sul Reno, il Neuenkamp, che iniziò con crepe mentre si
sorbiva almeno 100.000 veicoli al giorno: chiuso,
con relativo panico per le aziende della Ruhr, ma chiuso. Mostrava “danni ai tiranti”… Vengono i brividi a
leggere quella frase.
Ma l’Europa non perdona, e anche Angela Merkel deve imporre
tagli selvaggi e ‘chemioterapia’ di qualsiasi spesa pubblica sul territorio,
quando essa sia in eccesso di un deficit del… 0,35%, mentre oltre la metà del Paese ha infrastrutture scandalose.
Il KfW, che all’incirca equivale alla nostra Cassa Depositi e Prestiti, stima
che la Germania avrebbe bisogno urgente e come minimo di 126 miliardi di euro per
strade, ponti e palazzi, ma c’è il veto
firmato euro. Il partito SPD di centro-sinistra ha scritto in campagna
elettorale: “Per troppo tempo la Germania
si è fissata sul Pareggio di Bilancio e
sulla riduzione dei deficit invece che sugli investimenti necessari, e questo è il risultato”.
Il meccanismo perverso è identico in Germania come in
Italia: si vive nel terrore del debito, spiega ancora il Deutsches Institut für
Wirtschaftsforschung, e quindi “appena
ci sono anche solo due soldi in cassa, gli amministratori tedeschi a tutti i
livelli corrono a ridurre i deficit invece che a riparare le infrastrutture”.
E’ per questo che io ho denunciato come disgustoso il gran proclama di Juncker
dove l’UE tentava di discolparsi per la tragedia di Genova dicendo che stiamo
ricevendo 2,5 miliardi di fondi europei per le infrastrutture dal 2014, e che abbiamo
avuto da loro un ‘permesso’ di spendere 8,5 miliardi sulle autostrade. Certo, Juncker e UE versano 5 gocce d'acqua nel nostro lago mentre ci obbligano a prosciugarlo con un'idrovora,
e poi ci dicono "Dove l'avete messa tutta l'acqua che vi abbiamo dato?". Ipocriti criminali.
E intanto i bravi tedeschi del nord, che in termini relativi sono come il nostro meridione in Germania, soffrono disagi gravi in tutto, perché strade e ferrovie sono "in uno stato di degrado scioccante” e nessuno può spendere nulla. Nella Westphalia ci sono almeno 300 ponti a rischio, stanno andando in pezzi. Se poi si parla delle regioni meno industrializzate il quadro è disastroso, sembra che dagli anni ’70 nulla sia stato toccato, dicono all'istituto di Berlino.
Naturalmente
sia Merkel (CDU) che Schulz (SPD), a fronte dell’insostenibilità di questo
degrado infrastrutturale, ammettono che la spesa in effetti dovrebbe aumentare,
ma… solo quando le amministrazioni hanno fatto bene i loro compiti 'Eurozona'
a casa, cioè solo quando avranno dei surplus di bilancio… il che significa pagare le
infrastrutture coi soldi di cittadini e aziende invece che usando
l’investimento dello Stato (surplus di bilancio = gov. ti tassa più di quanto ti dà in spesa, e quindi spende i tuoi soldi invece che i suoi). Un trucco contabile indegno perché anche
la Germania ha perso sovranità monetaria con l’euro, mica può fare come il
Giappone che al momento del bisogno con case e strade devastate dallo Tsunami
del 2011 ha stampato di sana pianta e a
deficit 148 miliardi di dollari. Il ragionamento dei due leader tedeschi
tenta di nascondere la verità: e cioè che l’ossessione imposta dalle regole dell’Eurozona
sul dogma dei Pareggi di Bilancio ovunque è
precisamente la causa del drammatico dissesto delle infrastrutture in Germania,
la quale infatti, come scrisse il Wall Street Journal nel 2013, “si vanta di essere il modello per l’Europa
come ordine nei conti, dimenticando però di dire che quell’ordine è venuto al costo di emorragie negli investimenti per le
infrastrutture”.
E qui si chiude il cerchio. Ve l’aspettavate? G…, no, non di Genova, di Germania, con ponti e strade in pezzi. Il fatto che la loro encomiabile vigilanza abbia finora impedito tragedie come quella del Morandi non toglie assolutamente nulla alla scioccante realtà: nelle criminali regole economiche dell’Eurozona ci si deve svenare per un insensato libro di bilancio dove appaia la scritta “– 10 + 10 = 0”. Poi se palazzi, scuole, strade e ponti si disfano e la gente e le aziende della parte sfigata del Paese soffrono, o muoiono, chissenefrega. Anche in Germania, non solo a Genova.
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