ECCO COSA INTENDEVO
PER TECH-APARTHEID IN ITALIA. (il caporeparto?)
Mi scrive un informatico italiano:
“Buonasera
Lavoro come informatico in una grande azienda, come consulente, e abbiamo provato ad introdurre un algoritmo di intelligenza artificiale basato su algoritmi genetici (che sono stati oggetto di un mio articolo recente, nda). Beh, un lavoro massacrante con uno strumento assolutamente incomprensibile anche agli stessi creatori (la multinazionale XXX) pagati, e non scherzo, a ore, perché una giornata era per noi troppo cara. In sintesi, l’algoritmo genetico 100 volte fa qualcosa di comprensibile ma neanche tanto, 5 volte produce una cosa inguardabile e nessuno sa dirti perché. Il codice è fuori controllo, è una black box. Gli stessi esperti chiedevano agli sviluppatori, che gli davano parametri nascosti per tenere insieme sto polpettone. Un bagno di sangue. Certo non abbiamo computer quantistici ma non possiamo mica aspettare 4 giorni che l’algoritmo genetico ti tiri fuori qualcosa di decente quando un caporeparto in mezz'ora fa tutto. Ho dei seri sospetti che alla fine sarà utile perché il lavoro di renderlo operativo è totalmente superiore al costo umano. Buona serata, XX”
Premessa: Non ho nessun motivo di dubitare della versione dell’informatico italiano.
Punto focale e drammatico: Quanto sopra è precisamente ciò di cui io avviso l’Italia da oltre un anno. Questo sciagurato Paese, ‘Travagliato’ a decine di milioni di cittadini sulla Casta e sulla Boschi, non ha la più pallida idea di essere, alla lettera, il cane coglione che passa tutto il tempo ad annusarsi il culo mentre ogni altro animale nella Fattoria impara invece come arrivare alla mangiatoia… quella delle super TECH & Artificial Intelligence (AI).
Realtà assodata dei fatti: Gli algoritmi
genetici funzionano benissimo, sono la
linfa vitale oggi d’innumerevoli aziende globali. Il “caporeparto” citato dall’informatico italiano è l’equivalente di un
fiammifero se messo a confronto col propulsore ‘nucleare’ negli algoritmi
genetici, cioè è una buffonata, neppure uno scherzo di cattivo gusto.
Conclusione ancor più
drammatica che si evince dalla mail sopra:
Il caso citato è la precisa rappresentazione del goffo caos
pollitalico-industriale dove, in metafora, a sta grande azienda gli è arrivato
un microscopio elettronico, ma l’hanno usato per guardare la Luna. E precisamente
così sono messe le aziende dell’Italia di cui Paolo Barnard vi scrive, cioè precisamente
“destinate alla TECH-Apartheid” nel mondo.
L’informatico della mail è sincero, non so cos’abbiano combinato in quel posto,
ma non si rende conto che in tutto il resto della modernità, cioè fuori dall’Italia,
un fallimento come il loro si sarà forse registrato in un capannone in Siberia,
ma solo perché gli operatori sono morti congelati prima di accendere i computers.
E non sono battute, anzi, ribadisco
che scrivo con disperata desolazione. Siamo messi così in sto Paese, pensateci,
voi, i ‘Travagliati’ che… la Casta. E pensate che l’Italia si regge al 78%
proprio su aziende conciate in quel mondo, che addirittura forniscono oltre il 90%
dell’occupazione. Auguri, ma davvero. Le super TECH & AI vanno avanti,
divorano tutto e dappertutto, e se ne sbattono le palle di Feltri, di Vincenzo
Boccia, della spazzatura di Roma e dell’europeista Di Maio, ma soprattutto
dell’italica impresuccia.
Ora alcune note a supporto di
quanto ho scritto sopra.
Jay Perret è CTO della Aria Networks, viene dalla Applied InSilico, è ricercatore alla Leeds University (GB) e al Franklin Institute (USA), con un PhD in
High Energy Astrophysics. Oggi è uno dei consulenti aziendali più pagati al
mondo sui sistemi informatici con algoritmi genetici. Ha pubblicato assieme a Facebook (nientemeno) un rapporto su come, utilizzando in America
gli algoritmi
genetici, sono riusciti a ottimizzare quello che è forse il più
colossale luogo di smistamento dati del mondo in aree come: i luoghi dove
piazzare i nodi di trasporto dati; dove piazzare i nodi IP; che tipo di routers
impiegare; come connetterli; quali dati proteggere e quali no, al fine di
risparmiare tempo e risorse.
Jay Perret: “Abbiamo ‘nutrito’ con questi problemi i nostri algoritmi genetici, e loro se ne sono usciti nel giro di secondi o
al massimo minuti con le soluzioni-network che oggi abbiamo sul terreno negli
Stati Uniti. Ma non solo: gli algoritmi
genetici ci hanno dimostrato un risparmio di costi netti del 25% solo
nell’area degli IP. E’ un quarto di costi in meno”.
Di seguito, scrivo una lista di
luoghi dove ormai gli algoritmi genetici sono di casa e funzionano di routine come funzionerebbe
la Moca del caffè a casa vostra (mentre leggete, tenete tragicamente in primo
piando quel fantozziano “l’algoritmo genetico 100 volte fa
qualcosa di comprensibile ma neanche tanto, 5 volte produce una cosa inguardabile”
della pollitalica mega azienda di cui all’inizio:
Twitter – Microsoft MATLAB – MIT Lincoln Laboratory – Boheringer
Ingelheim – IBM – Cincinnati Children Hospital – GlaxoSmithKline – The New York
Times – Cisco – Sony Interactive – Stitch
Fix Clothings – Accademia Navale di Dalian in Cina – Institute of Industrial Engineering
and Ergonomics, RWTH Aachen University, Germania – Axa Immoselect, UBS Euroinvest Immobilien (settore
immobiliare) – Departamento de Informática e
Estatística, Università Federal de Santa Catarina, Brasile – Amazon – Volkswagen AG – Tesla – e tutto il mondo
della turbo Finanza con gli optimized genetic-algorithm neural-networks (GANNs). E questi sono solo la puntina
dell’Iceberg.
Direi che
basta, o ancora crediamo vero che “un caporeparto in mezz'ora fa tutto”? Per
favore, un po’ di buon senso, e tanto ma tanto allarme per l’Italia.
Nel nostro
Paese quella Disruption che gli algoritmi genetici hanno già portato in mezzo mondo fin dal 2005, non esiste.
La voce è citata di certo in articoli di ricercatori universitari, nella stampa
finanziaria e di settori specifici; ma, innanzi tutto, so da lettere di
studenti di Fisica, Ingegneria e Matematica che la materia è scarsamente
trattata nelle aule; poi, come testimonia l’informatico che mi ha scritto,
nelle PMI o anche nelle grandi aziende regna l’anarchia. E ciò, purtroppo, non vale
solo nel campo in oggetto, ma vale anche per tutte le super TECH & AI.
Drammatica è, nella mail d’inizio, la
citazione sui costi per le aziende italiane delle parcelle dei consulenti
esteri. Esattamente un’altra delle cose su cui io ho lanciato l’allarme col
mio grido “saremo TECH-Apartheid; chi da
noi, nell’era delle Tasse-Tasse-Tasse per Bruxelles, se li potrà permettere?”.
Non si perda di vista che la mia vera preoccupazione si estende a quel 90% di tasso d’occupazione in mano alla piccola-media imprenditoria italiana, che appunto rischia di sbriciolarsi sotto la concorrenza di chi, come la Cina, ha lo Stato che è sovrano nella Spesa Pubblica e che sta attrezzando le sue Startup come barracuda divora-optimized genetic-algorithm neural-networks. E allora, bè, decidete voi dove stanno le priorità oggi per la salvezza nazionale. Ancora nel buon vecchio caporeparto? nelle urne?
Siamo messi male, e ancora peggio quando leggo la straziante lista delle priorità che le associazioni imprenditoriali ancora portano al governo a Roma. Roba che i Cahiers de Doléances della Rivoluzione francese sembrano manuali di sbarco su Marte in confronto. Play it cool, dai che c’è il caporeparto che ci pensa lui. Come no...
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