[Per un mondo migliore - Ma se non comunichiamo, cosa mai faremo?]

(versione stampabile)


Dobbiamo comunicare con urgenza estrema quello in cui crediamo, perché stiamo perdendo

 

Il Movimento non ha saputo comunicare efficacemente con coloro che più importano, e cioè le maggioranze silenziose. Volete un esempio? A settembre del 2004 la Carovana della Pace comboniana annucia alla municipalità di Limone sul Garda e alla parrocchia locale il suo prossimo arrivo; Sindaco, cittadinanza e parroco subito in allarme mettono in atto un’ostruzionismo totale. Perché? Perché la loro comprensione del comunicato comboniano era che sarebbero arrivati i “No-global”, quelli che sfasciano tutto, ed erano terrorizzati. Biechi ignoranti del ricco Nord? No, gente cui noi non abbiamo saputo comunicare alcunché di ciò che siamo, gente che abbiamo lasciato in pasto a una comunicazione ben più efficace della nostra, quella dei media commerciali e di governo, gente come quella sostanziosa maggioranza dei cittadini italiani che non sa alcunché di tutto quello che sappiamo noi, e che ha vaghissime idee (quando va bene) su cosa sia urgente fare per sé e per il resto del mondo, e perché farlo. I nostri pochi slogan, o sono troppo generici (no alla guerra) oppure troppo complessi (temi come il neoliberismo – WTO - protezionismo commerciale - business della guerra). I nostri comunicati danno per scontata una ridda di nozioni che pochissimi posseggono, e sono a quasi esclusivo appannaggio degli utenti internet (CENSIS 2004: 3 italiani su 4 non usano mai internet). E infine taluni comportamenti di una parte del Movimento comunicano l’opposto di ciò che siamo, il che non aiuta. Nella realtà, al cittadino comune mancano persino le più elementari conoscenze sia dei meccanismi di sperequazione globale che di quelli che stanno erodendo il suo stesso vivere; in altre parole, gli manca l’alfabeto, come può comprendere le nostre prose?

Ma anche se le grandi fasce sociali fossero teoricamente edotte dei temi in discussione e di chi veramente siamo, esse non sarebbero comunque in grado farli propri e di agire con noi; o, al meglio, lo farebbero sporadicamente e con una lentezza esasperante, così come è accaduto in risposta a tutti coloro che hanno tentato negli scorsi 50 anni di sensibilizzare ai temi della pace o della giustizia globale. Infatti risposte parziali e centellinate sono venute persino da coloro (la maggioranza del “popolo della pace”) che sappiamo per certo essere edotti dei temi in discussione e di chi siamo, il che prova quanto appena affermato.

Perché tutto questo?

Qui le risposte sono numerosissime, e tutte vere: per indifferenza, per pigrizia, per basso livello morale, per egoismo, per una rimozione di quello che turba, ecc..

Ma su una ragione mi soffermo, poiché essa è a mio parere una delle più rilevanti e sprattutto una delle più curabili: il fatto è che la grande maggioranza delle persone non ha più la facoltà del pensiero/azione indipendenti, né l’autostima per metterli in pratica, e ha paura, e dunque quando gli si chiede di pensare e di agire esse rimangono paralizzate. Gli si parla e loro non sentono, non possono sentirci. In altri casi (la maggioranza del “popolo della pace”), ci sentono ma restano comunque bloccati per gli stessi motivi (es: “…sì, lo so, è una vergogna, ma io da solo che ci posso fare? cosa conterebbe? Se tutti facessimo allora sì..” ecc..).

Il pensiero/azione indipendenti vengono ostacolati fin dalla più giovane età, e a questo si aggiungono da una parte la sistematica distruzione dell’autostima che viene inflitta lungo tutto il percorso scolastico, e dall’altra l’ansia di conformarsi al pensiero dominante del gruppo per essere accettati; uniti, questi elementi portano molto spesso a non osare più alcuna forma di pensiero o azione indipendenti. Non si è più in grado di pensare da sé, si pensa per blocchi preconfezionati da altri (e qui gli esempi si sprecano), né si sa agire senza il sostegno di un gruppo. A ciò si sono poi aggiunti 30 anni di esposizione ai media commerciali sempre più martellanti, che hanno letteralmente infettato e annichilito l’anima di milioni di noi, e l’opera di paralisi del pensiero/azione indipendenti è stata completa. Infine, la paura del futuro da cui tanti sono pervasi oggi, e che è artatamente alimentata dai nostri leaders, cementifica ancor di più quella paralisi. Ecco perché gli appelli ad aprire gli occhi e far resistenza vanno in grandissima parte perduti.

 

Rianimazione.

Dobbiamo rianimare il libero pensiero, per ottenere una agire concreto. Significa reiniziare la comunicazione, daccapo, dobbiamo ricominciare da zero, e cioè proporre messaggi semplici che semplicemente aiutino a rianimare il libero pensiero. Dimentichiamoci i comunicati di tre pagine fitti di cifre e dati, gli slogan che non dicono nulla, le accuse, le polemiche e l’indignazione. Si tratta di ripartire da molto prima, da una Pre-comunicazione che propone i nostri contenuti passando dapprima attraverso una basilare stimolazione del pensiero, cui, per diverso tempo, non deve fare seguito alcunché. Significa proporre provocazioni che pur avendo una matrice riconoscibile (quella del Movimento per la pace e per la giustizia globale) dovranno lasciare ampio spazio nella mente di chi le legge per il sorgere di una risposta propria, intima, fra sé e sé, col minor condizionamento possibile, che è il primo passo nella rianimazione del pensare. Il minor condizionamento possibile singifica NON comunicare condanna, polemica, superiorità morale, o schieramento politico, come spiegerò fra poco.

A questo tentativo di rianimare il pensiero (dall’esito per nulla certo, anzi..), faranno seguito i diversi stadi di approfondimento, che attecchiranno solo se il pensiero dell’individuo si sarà scosso dal torpore di cui sopra, e solo se il Movimento saprà comprendere le vie per parlare ai milioni di persone ed esso meno vicine. Al termine di questo lungo cammino ci sarà in quelle persone, si spera, un grado di consenso verso i nostri temi. Come questo avverrà è spiegato un po’ più sotto.

Ora ricordiamoci che: mentre noi pochi attivisti tentenniamo e ci stiamo oggi perdendo in una comunicazione inefficace, coi mezzi irrisori che abbiamo, i nostri avversari comunicano 24 ore su 24, con strategie finissime, con mezzi globali e mostruosamente potenti, e con un vantaggio in partenza di almeno 30 anni su di noi. Capite il perché dell’urgenza?

In pratica, i messaggi di questa Pre-comunicazione dovranno avere le seguenti caratteristiche:

1) Non devono più centrarsi sull’appello ai valori morali. L’appello ai valori morali ha fallito: da 40 anni gli occhi spalancati di un bimbo nero col ventre deforme e le braccia ossute ci fissano dalle pagine dei giornali, dai depliant delle ONG, dai reportage tv. Quel bimbo è oggi ancora lì, stesso sguardo fisso nell’obiettivo della macchina fotografica, stessa fame, anzi, peggio. I dati ce lo confermano, e ci confermano che il mondo ricco non si è mai veramente mosso come avrebbe dovuto, ha dato solo briciole; le mosche sugli occhi di quel bimbo e il nostro senso di colpa non ci hanno mossi a sufficienza per 40 anni. E’ un fatto. L’appello ai valori della morale ha procurato solo palliativi, non è mai stato risolutivo, dunque l’evidenza storica ci dice che non funziona. Esso va tenuto per altri contesti, che qui non ci interessano.

2) Non devono essere atti di accusa dei “giusti” contro i biechi cittadini di un mondo ricco e indifferente. Lo sdegno, il rimprovero, il ricordo di quanto noi ricchi siamo insensibili e meschini, che trasudano certe crociate pro Sud, sono contro producenti, poiché fanno leva sul senso di colpa, e questo, anche se ha l’effetto di smuovere a breve alcune coscienze, alla lunga crea nelle persone astio e intolleranza ancora peggiori, con inevitabili ritorni di fiamma delle opinioni pubbliche contro il terzomondismo. Inoltre, la divisoria fra ‘belle anime’ e cittadini apatici (che più o meno involontariamente noi facciamo sentire a chi non appartiene al nostro mondo impegnato a sinistra) è ingiusta, proprio perché le persone non sono colpevoli della paralisi del libero pensiero, della mancanza di autostima e della paura che stanno alla base della loro sostanziale indifferenza. Nostro compito in questo stadio è solo di proporre stimoli di pensiero, rianimare il pensiero, nulla di più. Non dare lezioni.

3) Non devono essere complessi. La complessità dei messaggi è spesso frutto del narcisismo intellettuale di chi li formula, che in essi desidera vedere rispecchiata la propria competenza, a scapito della comprensione altrui. Le persone il cui consenso dobbiamo ottenere, sono quelle stesse persone la cui vita non solo non gli lascia il tempo per ascoltare (ritmi di vita, problemi personali, pressioni sociali, lotta per il reddito..), ma sono anche coloro che i nostri avversari hanno annichilito nel pensiero. Sottoporgli una mole di dati, concetti complessi, riflessioni faticose, stimoli articolati significa semplicemente perderli all’istante, parlare al muro. In questo i nostri avversari sono assai più raffinati di noi. Essi comunicano per sound-bites finemente pensati, ma quasi primitivi. Non importa se sono spesso menzogne, quello che conta è che fanno presa al livello Pre-comunicativo della mente umana, e funzionano nel creare consenso anche se il cittadino non ci crede particolarmente. Il trucco è sottilissimo, ma funziona terribilmente.

4) Per rianimare il pensiero devono essere pragmatici. Significa due cose: 1) Avere il coraggio di dire le cose come stanno, senza paura di allontanarci dai nostri dogmi buonisti o dalle nostre acquisizioni ideologiche (es.: i migranti non sono solo detentori di diritti, possono anche essere responsabili attivi di grandi problemi e va riconosciuto – le destre non hanno sempre torto, vanno osservate senza sdegno preconcetto, specialmente nel loro rapporto di ascolto del grande pubblico, che è assai più sofisticato del nostro – l’interculturalità non è sempre un faro di speranza, può generare scontri tremendi a cui noi non abbiamo ancora risposte – la non-violenza necessita di un contesto preciso, in altri contesti è inutile, persino sciocca – ecc..). In altre parole, la tendenza di chi si è schierato ad assumere rigide categorie di pensiero e cliché ideologici già preordinati limita enormemente la sua capacità di comprendere la realtà e soprattutto di comunicare con chi non sta dalla sua parte. In alcuni casi dare pane al pane e vino al vino può essere in attrito con l’impianto liberalumanitario buonista pacifista di sinistra che ci siamo dati, ma può servire a catturare l’attenzione di molte persone. E questo è il primo (e unico possibile) passo per arrivare poi a fargli comprendere la nostra visione di un Mondo Migliore. 2) Proprio in virtù della necessità di superare i ritriti appelli morali per i motivi già detti, dobbiamo avere il coraggio di far leva su concetti che facciano presa immediata sul livello più basilare della mente delle persone, anche se possono apparire brutalmente pragmatici. Preciso qui, e con vigore, che far leva in questo modo è solo un necessario espediente per poter evocare quel primo scatto di pensiero in persone altrimenti irraggiungibili. Ma il metodo è certamente destinato poi a essere superato da una comunicazione più elevata e più consona ai nostri princìpi.

Dovranno dunque proporre temi ben distinguibili e certamente far intravvedere la matrice umanitaria che li ispira, ma essere il meno direttivi possibile. L’unica impronta direttiva sarà quella di forzare nel lettore una risposta quasi automatica fra sé e sé, ma non una risposta complessa, bensì una reazione di getto, che appunto faccia perno solo sul buon senso umano, che sia un primo vagito di Libero Pensare.

Domanda: e l’ottenimento del consenso?

E’ qui il punto cruciale. L’ottenimento del consenso verso i nostri temi avverrà in automatico nella maggioranza delle persone se e quando esse avranno acquisito la capacità di pensare liberamente, di usare la loro testa senza più delegare ad altri il loro pensare. Perché? Perché io ho una fede assoluta in un assioma: l’essere umano libero dalla paura, dall’insicurezza e dalla disistima di sé perché capace di pensare liberamente, non può che propendere verso i valori della pace, dell’amore, del rispetto, dell’ascolto reciproco, e di una maggiore qualità umana nell’esistenza. L’essere umano che sia libero propende immancabilmente verso quei valori, che sono i nostri valori, con grande leggerezza e spontaneità, senza bisogno di tanti convincimenti. Questo è un principio fondante dello sviluppo umano, è ciò che ci ha portati dalla barbarie alla civiltà, e funzionerà sempre. Questo sopra ad ogni altra cosa ci porterà il loro consenso.

Propongo.

Vi propongo una campagna nazionale di poster e/o materiale divulgativo contenenti messaggi Pre-comunicativi per smuovere il libero pensiero/agire su alcuni dei temi più urgenti per il Movimento, e cioè: Immigrazione – Sperequazione della ricchezza fra Nord e Sud - Guerra - Guerra al Terrorismo - Privatizzazione dello Stato Sociale - Ambiente - Economia (ma se ne possono ovviamente aggiungere). Ogni poster avrà una grafica che saranno chiaramente riconoscibili lungo tutta la campagna; unico indicatore della paternità del materiale sarà un sito internet scritto in basso a destra in piccolo. Il sito si dovrebbe chiamare con un termine chiaro ma anche piuttosto terra terra (es. www.usalatuatesta.it..) e conterrà, riprodotto, ogni poster con una spiegazione più ampia del tema che tratta, ma NON una cosa complessa, massimo 20 righe chiare, comprensibili da un bambino di 11-13 anni. Il sito si dichiarerà apartitico e aconfessionale, e sostenuto dal contributo volontario del variegato universo di chi è interessato a vivere in un Mondo Migliore per tutti i popoli, un mondo di libero pensiero capace di riconoscere che la giustizia non è e non sarà mai garantita solo da chi cura interessi privati o oligarchici, un mondo capace di guardare a sinistra, centro e a destra e trarne il meglio nell’interesse sempre e solo di tutti.

La campagna dovrebbe idealmente uscire nelle strade delle grandi città, e durare minimo sei mesi. Idealmente dovrebbe poi essere rinforzata da un’opera capillare di divulgazione fatta dagli attivisti seguendo però regole precise e soprattutto metodi assai creativi (pensiamoli insieme). E una comunicazione così dovrebbe continuare a parlare agli italiani per qualche anno almeno, prima di passare a dialoghi più complessi. Sì, proprio così, perché non ci scordiamo che il nostro disperato compito è di contrastare una macchina mostruosamente capillare, che ha lavorato 100 volte più di noi, per 100 anni più di noi, con 100 motori 100 volte più potenti della nostra piccola barchetta salpata da Porto Alegre.

La nostra unica speranza, cari amici, sta proprio nel renderci conto di quanto perdenti e deboli siamo. Certo, perché il senso di urgenza e di realismo che viene da quella dura consapevolezza saranno i nostri affidabili e inesauribili motori, saranno le lenti che ci faranno mirare dritto, saranno l’inconfessabile segreto della nostra forza.

Grazie. 

Paolo Barnard

 


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