[Paolo Barnard]

FINE DEL SOGNO LATINOAMERICANO. IL CANCRO HA AVUTO PIETA’ DI CHAVEZ. (Obama a Cuba)

Mentre tutti state incollati alle bombe islamiche che ci meritiamo, dall’altra parte è successa una cosa talmente tragica da superare la capacità umana di disperarsi.

Posso dire che il cancro ha avuto pietà di Hugo Chavez, uccidendolo prima che potesse ascoltare l’americano Obama a Cuba pochi giorni fa.

Le due mani reggono il mappamondo, lo girano lentamente e gli occhi leggono i nomi delle nazioni del Pianeta perché la mente impone una domanda:

Dove, dove su sto Pianeta di merda esiste ancora una speranza?

La risposta è unica, anzi, purtroppo era unica (leggete più sotto): l'America Latina.

Hugo aveva iniziato la rivoluzione ‘Bolivariana’ socialista del XXI secolo, certo, difettosa, piena di buchi e deragliamenti, ma l’aveva iniziata. Più sotto, Lula in Brasile arrancò in una goffa semi-imitazione, ma un poco di sinistra lo era. La Kirchner non male, ma solo sullo scontro con la Finanza, anch’ella però sgraditissima agli USA. Morales in Bolivia meglio, due o tre mosse veramente coraggiose alla faccia degli Amerikanos, Chavez risuonava meglio a Sucre. Correa in Equador grande coraggio, e non solo sulla carta (quello ha messo in pratica un bel pezzo di ME-MMT senza neppure rendersene conto). Il Mercosur, l’area di cooperazione e integrazione economica dei maggiori Stati dell’America Latina, fu un’idea che almeno tentava di spezzare il dominio economico predatorio degli Stati Uniti sul continente. Un inizio, inimmaginabile anche solo 10 anni prima della sua fondazione. Insomma…

Il cosiddetto “cortile di casa nostra” degli USA, come dalla fine dell’800 in poi veniva ed è chiamata alla Casa Bianca tutta l’America Latina, si era finalmente svegliata e davvero, e non per scherzo, stava per mandare all’inferno l’infame Washington Consensus, che tradotto significava “I ‘negri’ che stanno sotto il confine col Messico devono crepare per i nostri burger e grattacieli”. Insomma, l’America Latina era l’unico luogo al mondo dove gli occhi disperati di chiunque fosse in apnea da socialismo e giustizia potessero posarsi. Il resto del pianeta è già da decenni un’informe palude di merda (termine accademico) dove miliardi di animali più o meno sviluppati hanno già gettato la spugna con settemila metri di lingua sotto le scarpe di Manhattan, Washington, Londra, Francoforte e della Apple/Google/Facebook. Ripeto: l’America Latina, si era finalmente svegliata e davvero, e non per scherzo, stava per mandare all’inferno l’infame Washington Consensus.

Bè, l’uomo con le scarpe da 5.000 dollari a Manhattan ha chiamato Obama e gli ha detto, e non scherzo: “Razza di idioti, tu e il Congresso, lo state capendo che tutta sta rivolta dell’America Latina, che rischia di toglierci un’immensa fetta di torta dal tavolo, sta in piedi solo e SOLO perché c’è Cuba che ancora splende come esempio di martirio dei latini sotto il tacco di voi teste di cazzo a Washington? Obama, deficiente, prendi il tuo culo vai al Congresso e poi a Cuba, e VIA LE SANZIONI a Castro, ok? (sono costate a Cuba 117 miliardi di dollari e alle Corporation USA 3,6 miliardi all’anno) Hai capito stronzo? Qui noi ci stiamo giocando 40 anni di finanza Neoliberista, con trilioni di dollari di opportunità future, per la vostra ossessione contro Cuba. Ok? Fila cretino.

E il cretino ha filato, e di corsa. Ma non è il suo discorso di 37 minuti e mezzo alla nazione cubana che voglio sottolineare, bensì altro: è la furbizia dell’amico con le scarpe da 5.000 dollari a Manhattan. Cosa hanno ficcato nella bocca di Obama? Semplice, questo: Fidel Castro ha devastato Cuba prolungando di 25 anni la sua funzione vitale, e quindi distruggendo tutto quello che di buono aveva fatto dal 1959, perché ha portato i cubani a soffocare per 25 anni nel medioevo di un comunismo che ovunque nel mondo era morto e decomposto. Cuba quindi oggi è uno spappolamento sociale dove trionfano eserciti di troie e puttani maschili per milioni di europei, non esistono libertà reali, il dollaro già spadroneggia, i giovani languono disperati in un isolamento culturale molto peggiore di quello dei cinesi delle provincie. Tu Obama gli togli le sanzioni, gli fai annusare quello che ogni singolo essere umano alla fine desidera dalla vita, cioè “gli usi e costumi delle classi medie”, gli fai annusare la libertà dal cadavere comunista di Fidel, e poi lasci che loro facciano il resto. E lo faranno. E saranno fottuti. E… (il resto fra poche righe)

Obama ha infatti detto nel suo storico discorso, e lo cito alla lettera: “Cari amici, via le sanzioni, erano uno strumento odioso da Guerra Fredda che faceva male a entrambi. Ma ora sta a voi cambiarvi dall’interno, sta a voi dare ai vostri giovani ciò che desiderano”. Guardatevi le riprese del discorso del Presidente USA. Solamente a quel passaggio la metà della sala dove sedevano i giovani cubani, all’80% camici bianchi, si è alzata in una standing ovation. Ma questo cosa significa? Ecco cosa significa:

che Cuba è già istradata senza più un microgrammo di dubbio a divenire il prolungamento caraibico della Florida, ma questo allo stesso tempo farà crollare l’ultimo simbolo della resistenza agli USA, quel simbolo che ha ispirato Chavez e che ancora ispira tutte le resistenze in America Latina: la trasmutazione di Cuba si porterà nel burrone tutti gli altri Stati del sud America. E sarà la fine del sogno del Socialismo del XXI secolo, povero Hugo. Per capire meglio, immaginate tutta la sopradescritta reazione sudamericana alla dittatura del Washington Consensus come un grande castello di carte la cui base è veramente larga. Ma in cima le prime due carte appoggiate l’una all’altra si chiamano Cuba. Obama ha soffiato l’altro giorno su quelle due carte, che cadendo faranno franare l’intero enorme castello di sotto. Cuba crollerà e con essa il mito della resistenza al Capitalismo dell’uomo con le scarpe da 5.000 dollari a Manhattan.

Infatti chiedetevi: fra 15 anni – con centinaia di milioni di sudamericani che senza dubbio vogliono l’Iphone Tablet Internet ecc., i megamarket, le multisale, Sky sport in casa, le bolle immobiliari, i fondi risparmio, le vacanze in Europa e i Gormiti per ogni bambino – quale simbolo potrà essere richiamato da un Morales o da un Correa per resistere agli USA quando Cuba sarà divenuta una filiale di Walmart, con Marchionne che ci investe miliardi in manodopera? Con il TISA (Trade in Services Agreement) per la privatizzazione degli ospedali cubani a tutto gas e stipendi per i medici centuplicati? Con giovani cubani laureati che guadagneranno 200 volte i loro omologhi del Perù o della Bolivia? Con l’apertura di un Fondo Sovrano Avana e il suo corollario di Hedge Funds per le scommesse sui Caraibi? Con una classe media cubana che vola a Parigi o a sciare in Svizzera ogni anno?

Non vi sarà più IL simbolo, sarà la fine del mito. Fine della resistenza latinoamericana. Perché, ribadisco, come nella metafora del castello di carte, la caduta dello storico mito di resistenza al Capitalismo USA in tutta l’America Latina, cioè la fine della Cuba di Castro (per quanto fosse già marcia al suo interno) risucchiata dal Capitalismo dei consumi, è come se alla Statua della Libertà cadesse la fiaccola, è come se Lenin avesse colorato la bandiera rossa con le stelle e strisce. E il Socialismo del XXI secolo appassirà al sole. L'America Latina del sogno di Chavez seguirà a ruota, senza più l'Avana come suo faro.

Questa è LA TRAGEDIA di cui all'inizio, architettata dai soliti noti, messa in atto da Obama. Le mani depongono il mappamondo, perché lo potrete girare e girare allo sfinimento, ma un luogo di speranza non v'è più. Gli occhi non sperano più. Il Socialismo non sarà più.

Tutto questo, ormai certo nel prossimo futuro, avrebbe devastato Hugo Chavez molto peggio delle cellule oncologiche che l’hanno ucciso. A volte il cancro può essere benevolo. Obama a Cuba avrebbe ammazzato Chavez comunque, e con molta più agonia.