Paolo Barnard - [Alcune considerazioni su...]

NON HO MAI SMESSO DI PENSARTI.

Anni fa mi trovai nel reparto di Oncologia Ematica (Leucemie) del Sant’Orsola di Bologna, intestato alla benefattrice Signora Seragnoli.

Non avevo avuto accesso a una mia amica ricoverata perché ero arrivato troppo tardi.

Scendo le scale del reparto deserto, è sera, il silenzio non è di quelli normali, è di quelli che ti porti sulla schiena come fosse un sacco di carbone da cento chili.

Arrivo vicino alla porta d’uscita di questo asettico teatro di vita-morte e scorgo una figura maschile seduta, sola, su una sedia, nella penombra.

Lui non mi nota affatto, ha la testa sprofondata fra le mani, una cuffia verde in testa, e la mascherina per immunodepressi legata alla faccia.

Siamo io e lui, io non esisto, lui non sa che lo sto guardando. Esiste lui. Avrà meno di trent’anni, calvo, in pigiama, immobile.

Io lo guardavo, e oggi provo con tutto ciò che posseggo a immaginare dov’è quel ragazzo, lui che era immobile, con la testa stretta fra le mani. Provo a immaginare perché era lì solo, in quella composizione scultorea di disperazione irreparabile.

Dove sei oggi? Ti hanno aiutato? C’è stata un’anima che ha accolto la tua disperazione quella sera? Dove sei?

Dov’era Dio? Dov'era un cuore immenso che ti potesse avvolgere in quei momenti? Darei la vita per sapere che oggi sei vivo e amato.

Lo guardai per pochi secondi, io che ho passato 8 anni ad assistere ammalati terminali, e seppi che non potevo toccarlo, neppure avvicinarmi.

Quella composizione scultorea di disperazione irreparabile, di solitudine che grida all'oscena assenza di Dio, sempre assente, è troppo per me, mi perseguita da allora.

Dove sei oggi? Mi accoglierai quando sarò io a chiudere gli occhi? Non ho mai smesso di pensarti. Mai.

Avrei voluto in quel momento piangere con te. Ti avrei solo dato fastidio.